
Epic fail e pubblicità: Top 3 delle campagne flop del 2020.
«There is only one thing in the world worse than being talked about, and that is not being talked about»
– Oscar Wilde
“C’è una sola cosa al mondo peggiore del far parlare di sé, ed è il non far parlare di sé.”.
Questa è la traduzione letterale della frase del celebre scrittore irlandese. Nel tempo, però, la frase si è trasformata in «Nel bene o nel male, purché se ne parli», diventando il motto di molti pubblicitari per giustificare campagne dai toni violenti, errati e spesso fuori luogo.
Il marketing odierno, però, sa perfettamente come gli epic fail facciano danni permanenti. Eppure ancora oggi la situazione riesce a sfuggire di mano, creando situazioni imbarazzanti e talmente polemizzate da portare al crollo della comunicazione e della reputazione del brand.
1. Il flop della Lamborghini con le foto di Letizia Battaglia.
La Automobili Lamborghini, per supportare il Paese in seguito all’emergenza Covid-19, aveva annunciato la campagna pubblicitaria With Italy, For Italy – 21 views for a new drive. Un progetto fotografico per esaltare le qualità e le identità competitive italiane a livello globale grazie al lavoro di 20 (+1) fotografi in 20 regioni del Bel Paese. Oltre ai 20 fotografi ufficiali, si è aggiunto il cameo di Letizia Battaglia, fotografa reportagista degli anni di piombo a Palermo, sua città natale. Ed è proprio a lei che è stata affidata una speciale interpretazione del capoluogo siculo. La fotografa avrebbe voluto rappresentare una ” Palermo bambina, che esprime la sua innocenza di una persona che cresce” inserendo figure femminili di adolescenti su scorci della città e, naturalmente, una Lamborghini sullo sfondo. Ma l’accostamento adolescenti/auto di lusso/Palermo non è piaciuta a tutti. Il sindaco Leoluca Orlando è sceso in campo per affermare contrarietà all’utilizzo del corpo femminile, specialmente di bambine, per messaggi commerciali. Non sappiamo ancora che impatto abbia avuto sulle vendite, ma la polemica generata ha obbligato la casa automobilistica a rimuovere le foto dai social.
2. La campagna del Comune di Cagliari per restare a casa
Si chiama Fear arousing appeals il genere pubblicitario che alimenta sentimenti di paura e ansia. Il messaggio da veicolare è semplice: un’azione sbagliata condurrà a conseguenze gravissime ed il turbamento che ne deriva diventa occasione di cambiamento. Ma l’efficacia di questo approccio pubblicitario è quasi sempre discutibile, troppo minata dal rischio di trasformarsi in un flop proprio a causa della negatività che veicola. È il caso della campagna lanciata dal Comune di Cagliari a sostegno delle politiche di contenimento del Coronavirus.
“Quando mio figlio è stato CONTAGIATO ho capito che dovevo rinunciare a quella SPESA INUTILE”; “Quando hanno INTUBATO mio padre ho pensato a quella PASSEGGIATA che dovevo evitare”. Messaggi shock, diretti, a caratteri cubitali su manifesti giganteschi, con un linguaggio che stigmatizza un comportamento e genera senso di colpa, scegliendo di colpire piuttosto che informare. Ed è stato questo che ha infastidito i cittadini del capoluogo sardo, già provati da una situazione senza precedenti. L’indignazione che si è poi riversata sui social è stata la conseguenza del fallimento di una campagna pubblicitaria che ha puntato alla pancia anziché al cervello.
3. Il corto “inguardabile” sulla Calabria di Muccino.
Otto minuti giudicati inguardabili per tante ottime ragioni. “Calabria, Terra Mia”, il corto costato ben 1,7 milioni di euro, ha fatto imbufalire i calabresi non solo per la cifra pazzesca sborsata. Lo spot non è esteticamente brutto, ma ciò che ha fatto indignare è la vagonata di luoghi comuni, di cliché ridondanti e di interminabili tramonti da set californiani. Colori ed atmosfere che non appartengono ad una regione che vuole essere sdoganata proprio dall’immagine che il regista gli ha voluto conferire. Una scelta errata per una terra che non aveva certo bisogno dello stile “mucciniano” per essere rappresentata.